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aprile 06, 2004

Allegato 1: San Michele aveva un Gallo...

Dove si tratta con dotta elocuzione del delittuosissimo rapporto che intercorse tra una Sacra et Luminosissima Reliquia et uno horrifico autocarriadore lusitano.
Et inoltre dello strano caso di conlocazione temporale et spatiale dello ottimo et pio Sancte Michele et una sventuratissima et immonda masnada alli margini della suburbia di Tolosa.

Molti ed illustrissimi sapienti ed esperti delle cose divine e delle cose occulte concordano nell'affermare che il mito del Santo Graal altro non rappresenti che il Sangue di Gesù. La tradizione della costa mediterranea della Francia vede ancora oggi festeggiare, con grande partecipazione di popolo tra le comunità zingare del Midi, le Saintes Maries de la Mer: la leggenda narra che, dopo la morte di Gesù, le Sante si imbarcassero verso la Francia custodendo il prezioso tesoro, al fine di instillarlo nel sangue delle genti di Gallia. I re di Francia, fin dall'inizio, rivendicarono infatti quella lontanissima e divina origine. Fin qui potremmo dire, senza tema di blasfemia, che la casata reale di Francia riuscì a trasformare in questo modo il sangue rosso in sangue blu.
Ma pochi sanno che dopo i due differenti cromatismi ne intercorse un terzo, ben meno reale e per nulla divino, bensì diabolico e mefitico: il sangue verde. Michele Garicoïts, prete basco a.k.a. San Michele, ebbe la ventura di passare nei pressi di Tolosa nel 1832. Qui, in occasione di un ritiro presso i gesuiti tolosani, ebbe modo di rivelare il suo segreto ai severi frati: egli possedeva il Santo Graal, di cui venne in possesso un suo lontanissimo antenato allorquando Jacques de Molay e gli ultimi Templari se ne privarono prima di bruciare sul rogo di Place Dauphine. La rivelazione è confermata dal fatto che, tre anni dopo da una costola dei gesuiti di Tolosa nasce l'ordine dei Preti del Sacro Cuore di Gesù (il Graal!). Ma gli astuti corvacci gesuitici, timorosi del potere proveniente da quella reliquia, con un abile stratagemma la celarono in un luogo sicuro ed inaccessibile: le segrete cantine del monastero di Tolosa, dove si custodivano preziosi orci di uno strano e potente amaro distillato dal cuore (altra inquietante coincidenza) dei carciofi.
Passarono quasi due secoli.
Attraverso vicende di cui si è perduta la memoria, il liquido sacro passò di orcio in botticella, di anfora in ampolla, di vaso in bottiglia per finire, Anno Domini 2004, nel bicchiere di un camionista portoghese che aveva appena perso il suo carico di carpe caucasiche, e di lì in bocca e poi giù nelle immonde viscere del lusitano fino a quando uno spasmo più forte dei precedenti lo spinse fuori a forza, spruzzato a pioggia sui jeans bianchi dell'ignaro avventore S_.


"Cristo!" disse S_.
Non poteva sapere di averci azzeccato in pieno...